Cosa sono e come funzionano i bias cognitivi?

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I bias cognitivi sono dei meccanismi mentali che ci portano a interpretare la realtà in modo distorto.

Questi meccanismi ci aiutano a semplificare le informazioni e a prendere decisioni rapide, ma a volte ci fanno commettere errori di giudizio. In altre parole, i bias cognitivi sono delle deviazioni dalla razionalità.

Il termine bias deriva dal francese biais, che significa “obliquo”, “inclinato”. In italiano si traduce con pregiudizio. I bias cognitivi sono influenzati dalle nostre credenze, dalle nostre emozioni, dalle nostre aspettative e dalle nostre esperienze passate. Si formano delle mappe mentali, degli schemi, che contengono i bias. Questi schemi non sono sempre basati su una logica solida e coerente. Molte delle nostre scelte quotidiane sono condizionate da un bias, sono guidate dagli schemi mentali. A volte questi processi automatici ci conducono alla soluzione giusta, altre volte invece ci inducono in errore.

I bias cognitivi sono dei meccanismi mentali che ci portano a deviare dalla razionalità quando dobbiamo affrontare delle situazioni che richiedono una valutazione o una decisione. In psicologia, i bias cognitivi indicano una tendenza a costruire la propria realtà soggettiva, non sempre in linea con i fatti, basandosi sulle informazioni che abbiamo a disposizione, anche se non sono logicamente o semanticamente correlate tra loro.

Questi meccanismi sono il risultato di un approccio euristico, cioè di una strategia che il nostro cervello usa per trovare una soluzione rapida ed efficiente ai problemi che si presentano. Un approccio razionale e scientifico sarebbe troppo dispendioso in termini di tempo ed energia, e quindi il nostro cervello cerca delle scorciatoie per semplificare il processo decisionale.

I bias cognitivi non sono sempre negativi: in molti casi ci aiutano ad adattarci meglio al contesto e a prendere decisioni più veloci quando è necessario. Tuttavia, in alcuni casi, i bias cognitivi possono portarci a commettere degli errori di giudizio o a mancare di oggettività. Quando un’euristica produce un’inesattezza o una distorsione nella valutazione, si parla di bias cognitivo.

La relazione tra bias cognitivi e marketing

La psicologia del marketing si basa sui bias cognitivi, cioè gli errori di percezione che le persone commettono quando devono prendere una decisione. I bias cognitivi sono influenzati da fattori emotivi, culturali ed esperienziali e possono essere sfruttati dai marketer per indurre i consumatori ad acquistare i loro prodotti o servizi.
Un esempio di bias cognitivo è l’effetto scarsità, che si verifica quando un prodotto viene presentato come limitato o esclusivo, aumentando il suo valore percepito e la sua desiderabilità.
Un altro esempio è l’effetto gregge, che si verifica quando le persone tendono a seguire le scelte della maggioranza, credendo che siano più sicure o corrette.
Il marketing deve conoscere i bias cognitivi per creare messaggi persuasivi e strategie efficaci, ma anche per rispettare l’etica e la trasparenza nei confronti dei consumatori, che devono essere consapevoli dei meccanismi che influenzano le loro decisioni d’acquisto.

Bias cognitivi: alcuni esempi

I bias cognitivi sono delle distorsioni del nostro pensiero che influenzano le nostre decisioni di acquisto. Vediamo alcuni esempi di come le aziende ne approfittano per le loro strategie di marketing:

Bias di ancoraggio

È il bias cognitivo più famoso. Si basa sulla prima impressione che abbiamo di un prodotto. Quando vogliamo comprare qualcosa, cerchiamo informazioni sui siti specializzati. La nostra ricerca può durare molto tempo, ma il primo risultato che vediamo è quello che conta di più. Quello diventa il nostro punto di riferimento per confrontare le altre offerte, il nostro punto di ancoraggio.

Se il primo risultato è un prezzo di 100 €, è probabile che, se troviamo lo stesso prodotto a 80 €, pensiamo di fare un affare, mentre se lo troviamo a 120 €, lo riterremo troppo caro.
Per i venditori che fanno sconti, un suggerimento utile è quello di mostrare il prezzo originale accanto a quello scontato. In questo modo il prezzo originale, cancellato, funge da punto di ancoraggio nella mente del consumatore. Più lo sconto è alto, più il compratore si sentirà soddisfatto.

Bias di conferma

Questo fenomeno psicologico si manifesta in tutti i livelli della comunicazione: nella vendita come nell’informazione. Le persone sono propense a cercare solo quelle informazioni che siano in linea con ciò che già credono. Questa pratica oggi è accentuata anche dall’uso dei social media. Pensiamo a chi ha una certa visione politica; questa persona sceglierà di seguire solo pagine, persone e politici che sosteniano e rafforzino quello che è il proprio pensiero.

Lo stesso vale per la vendita. Se abbiamo un negozio di prodotti vegani, nella nostra strategia di marketing sui canali web e social inseriremo un flusso di informazioni riguardante l’abuso animale e i vantaggi dei prodotti naturali anche attraverso la collaborazione con micro influencer del settore, confermando quelle che sono le convinzioni dei nostri clienti.

Framing

Il framing è un bias cognitivo che ci porta a valutare le informazioni in modo diverso a seconda di come sono presentate. Il termine frame significa “cornice” o “inquadramento” e indica il contesto che circonda le informazioni. Per esempio, immaginiamo di dover comprare un forno a microonde. Il venditore ci propone tre modelli: uno base da 100 €, uno intermedio da 130 € e uno di lusso da 210 €. Se non ci fosse il modello di lusso nella proposta, probabilmente sceglieremmo il modello base, che soddisfa le nostre esigenze e ha un prezzo ragionevole. Ma con la presenza del modello di lusso abbiamo una cornice più ampia, che ci fa pensare che con 30 € in più possiamo avere un microonde migliore, anche se non così costoso come quello da 210 €. Saremmo quindi tentati di comprare il prodotto intermedio nella cornice.

Riprova sociale (“effetto carrozzone”)

Un altro meccanismo psicologico molto rilevante è quello della prova sociale. Si tratta di una tecnica che negli ultimi anni è sempre più usata e consiste nel persuadere il pubblico attraverso le testimonianze di altre persone. Questo meccanismo si attiva inserendo nel proprio piano editoriale social le cosiddette recensioni e opinioni dei clienti, naturalmente contenti, che hanno già comprato il prodotto.

Quanto pesa la prova sociale? Molto, basta pensare che il 91% delle persone che compra online si fa influenzare dalle recensioni online. Questo è ciò che si chiama “effetto carrozzone”.

Bias dell’ingroup

Questo è un fenomeno psicologico simile alla prova sociale. In questo caso il consumatore non si basa solo sulle valutazioni e sui giudizi di chi ha già comprato il prodotto, ma soprattutto si affida alle esperienze di un gruppo di persone che considera vicine a sé.

Questo è un aspetto da tenere in considerazione nella redazione del piano editoriale, puntando su contenuti che rafforzano il senso di appartenenza alla propria comunità. Infatti ognuno di noi può affermare di far parte di un gruppo, magari non in modo del tutto consapevole. Può essere un macro-gruppo legato al pensiero politico, al lavoro, all’età, alla religione, alla situazione socio-economica, alla passione per un determinato settore. Condizione che i social attualmente amplificano ulteriormente. Nel marketing le opinioni di persone appartenenti a un gruppo influiscono molto sul consumatore in fase di acquisto. Chi sta per comprare un microonde, ad esempio, si baserà sull’esperienza di un gruppo di persone appassionate di cucina, sui pareri di chi ne fa parte. Sceglie quello che sceglierebbero le persone come lui.

Bias di salienza

L’effetto salienza è la tendenza a giudicare e a trarre conclusioni basandosi solo su alcune caratteristiche evidenti. Questo si può vedere, per esempio, nelle notizie sulla violenza. Anche se i dati reali mostrano una diminuzione degli omicidi nel nostro paese, il modo in cui i media principali trattano i temi della violenza fa crescere la paura nella popolazione. Ma è una chiara distorsione della realtà che viene spesso usata nella creazione di contenuti testuali e di newsletter personalizzate.

Nello stesso modo nel mondo del marketing alcuni marchi sfruttano la forza di un loro piccolo dettaglio, una caratteristica saliente molto più importante che il contesto intero. Alcuni esempi? Pensiamo ad Apple, dove la mela conta più dell’aspetto estetico del prodotto oppure alla Ferrari, con il suo cavallino così iconico da sovrastare tutto il resto, o ancora al colore rosso associato alla Coca Cola. Questi elementi salienti, così potenti da provocare subito una reazione emotiva nelle persone, finiscono per determinare le scelte d’acquisto dei consumatori.

Come abbiamo visto i bias cognitivi sono elementi essenziali da usare nelle strategie di marketing, perché permettono di aprire nuove opportunità di business. Se volete applicarli nei vostri processi di marketing aziendale contattateci.